la civilta dell empatia
En esta contundente y novedosa interpretación de la historia de la civilización, Jeremy Rifkin, autor de numerosos best-sellers, analiza la evolución de la empatía, una capacidad que ha ejercido una poderosa influencia en nuestro desarrollo y que, probablemente, determinará nuestro futuro como especie. …
Per secoli, filosofi, scienziati, psicologi ed economisti hanno contribuito a diffondere l’idea che l’essere umano sia per natura aggressivo e utilitarista, teso principalmente al soddisfacimento egoistico dei propri bisogni e al guadagno materiale. La storia, quindi, non sarebbe altro che una lotta senza quartiere tra individui isolati, solo occasionalmente uniti da ragioni di mera utilità e profitto. Ma negli ultimi decenni alcune sensazionali scoperte nel campo della biologia e delle neuroscienze hanno messo in dubbio questa tesi e hanno dimostrato, al contrario, che uomini e donne manifestano fin dalla più tenera età la capacità di relazionarsi con gli altri in maniera empatica, percependone i sentimenti, in particolare la sofferenza, come se fossero i propri. Alla luce di questo nuovo approccio, Jeremy Rifkin propone una radicale rilettura del corso degli eventi umani. Se nel mondo agricolo la coscienza era governata dalla fede e in quello industriale dalla ragione, con la globalizzazione e la transizione all’era dell’informazione, si fonderà sull’empatia, ovvero sulla capacità di immedesimarsi nello stato d’animo o nella situazione di un’altra persona. Tale risultato è stato però ottenuto a caro prezzo: per crescere e prosperare, società via via più complesse e sofisticate hanno richiesto sempre maggiori quantità di energia e risorse naturali, imponendo un pesante tributo all’ambiente sotto forma di un notevole aumento dell’entropia.
- Fecha de lanzamiento: 22/02/2011
- Plaza de edición: MILANO
- Año de edición: 2011
- ISBN: 9788804606130
- Encuadernación: Tapa blanda
- Idioma: ITALIANO
- Editorial: MONDADORI ITALIA
Este libro ha sido escrito y pretenece a Jeremy Rifkin
Per secoli, filosofi, scienziati, psicologi ed economisti hanno contribuito a diffondere l'idea che l'essere umano sia per natura aggressivo e utilitarista, teso principalmente al soddisfacimento egoistico dei propri bisogni e al guadagno materiale. La storia, quindi, non sarebbe altro che una lotta senza quartiere tra individui isolati, solo occasionalmente uniti da ragioni di mera utilità e profitto. Ma negli ultimi decenni alcune sensazionali scoperte nel campo della biologia e delle neuroscienze hanno messo in dubbio questa tesi e hanno dimostrato, al contrario, che uomini e donne manifestano fin dalla più tenera età la capacità di relazionarsi con gli altri in maniera empatica, percependone i sentimenti, in particolare la sofferenza, come se fossero i propri. Alla luce di questo nuovo approccio, Jeremy Rifkin propone una radicale rilettura del corso degli eventi umani. Se nel mondo agricolo la coscienza era governata dalla fede e in quello industriale dalla ragione, con la globalizzazione e la transizione all'era dell'informazione, si fonderà sull'empatia, ovvero sulla capacità di immedesimarsi nello stato d'animo o nella situazione di un'altra persona. Tale risultato è stato però ottenuto a caro prezzo: per crescere e prosperare, società via via più complesse e sofisticate hanno richiesto sempre maggiori quantità di energia e risorse naturali, imponendo un pesante tributo all'ambiente sotto forma di un notevole aumento dell'entropia.
Abstract Delle opere di Freud i tre saggi sul L’uomo Mosè sono i più enigmatici. Nelle intenzioni di Freud intendevano chiarire il segreto dell’ebraismo e le cause dell’antisemitismo. Per argomentare le sue tesi, Freud fa ricorso a un'opera¬zione discutibile di omologazione e sovrapposizione arbitrarie di dati fra loro non riducibili. Confonde l’enoteismo egizio, l’esistenza di una divinità suprema incentrata sul culto solare col monoteismo ebraico. Procede per analogie fra storia individuale e storia collettiva, sovrapponendo categorie concettuali differenti di “razza”, nazione e lingua, con ipostasi e fughe lamarckiane nel filogenetico, che richiamano semmai le tesi di Carl Gustav Jung. La tesi dell’autore (che dialoga con la vasta letteratura che si è occupata dell’argomento), è che i Tre saggi costituiscano una sorta di testamento spirituale sul significato che Freud attribuiva alla su appartenenza all’ebraismo e sul ruolo che la psicoanalisi aveva nello sviluppo del processo di autocoscienza ebraica. I dilemmi dell’uomo civilizzato oppresso dal senso di colpa, analizzati da Freud nel saggio sul disagio, nella strategia dei tre saggi assumono un carattere paradigmatico per definire l’essenza dell’ebraismo e le cause profonde dell’ostilità di cui è oggetto. Nel processo di civilizzazione umana, la religione monoteistica, che Freud identifica esplicitamente con l’ebraismo, ha svolto un ruolo fondamentale al prezzo di un fardello di colpa che la psicoanalisi ha il compito di alleviare. In questa complessa dialettica la psicoanalisi è un nuovo sviluppo della coscienza “religiosa” ebraica, un suo frutto duraturo. Nella ricostruzione dell’autore il ricorso di Freud al lamarckismo assume un particolare significato psicologico. In questo modo Freud non aveva più bisogno di trovare una spiegazione religiosa o culturale per la sua appartenenza all’ebraismo in quanto era già data. L’adesione consapevole non faceva che esplicitare ciò che nel profondo già esisteva e che bisognava riconquistare.